ALLA CORTESE ATTENZIONE DI TUTTI
COLORO CHE HANNO IL DOVERE CIVICO, POLITICO E
MORALE DI DARE SOLUZIONI ALLE PROBLEMATICHE DEL SETTORE DELLA FORMAZIONE
PROFESSIONALE.
La formazione professionale non è
mai stata considerata dalla pubblica opinione nel senso di un sistema finalizzato a erogare sapere e qualificazione
professionale.
Troppo spesso si pensa alla F.P.
come uno stipendificio, senza attribuire alcun valore all’impegno ed alla
serietà professionale di tanti che vi operano prodigandosi per ottenere i
migliori risultati possibili. Ci sono operatori nella formazione professionale
che ogni giorno dedicano le proprie energie e le proprie competenze alla
creazione di nuove professionalità che possano essere spese nel mercato del
lavoro (perché, sembrerà strano, ma anche nell’ambito della formazione
professionale ci sono persone preparate e competenti).
Operatori (di quella che
banalmente viene definita formazione “sana”), che la mattina si svegliano e con
dedizione si recano a lavoro puntualmente e con quotidianità (questo per
sottolineare e per smentire la leggenda che vuole i dipendenti della formazione
professionale tutti assenteisti e parassiti) e con grande preparazione e
professionalità (ci sono enti dove i dipendenti possono quasi tutti vantare titoli
di alta specializzazione, lauree, master e dottorati vari) formano persone che
si attaccano al corso di formazione come ultima speranza per l’immissione nel
mercato del lavoro. Quando nei giornali si sente parlare di quella nuova
categoria di “scoraggiati” che non si affanna più nemmeno nella ricerca del
posto di lavoro, alcuni operatori della formazione si operano per stimolare
l’utenza e per infondere in queste persone la speranza in un possibile futuro lavorativo.
È risaputo e gli operatori della
formazione sono consapevoli che la F.P. è,
nell’immaginario collettivo, un
peso morto, una sorta di parassitismo collettivo, un bacino di raccomandati che
pretendono lo stipendio senza alcuna contropartita. Un ramo secco da tagliare.
Ma qualcuno si è chiesto il
perché di tutto questo? Chi ha fatto morire questo ramo per avere poi l’alibi
per tagliarlo? L’avere lasciato la F.P. nelle mani della politica ha consentito
che questa avesse in pugno la situazione per tenere in costante sudditanza
quelli che vi operavano. Non ci sono mai state regole o se c’erano si
modificavano per favorire questo o quello. Tutti i bacini di precariato ad un
certo punto si chiudono e non si consentono altri ingressi. Nella F.P. no, qui
il bacino è sempre aperto. I ranghi si ingrossano di anno in anno rendendo
sempre più difficile la garanzia del posto di lavoro per quelli che vi operano
da anni e che oggi non hanno altre possibilità di collocarsi.
Non si riesce a fare una pianificazione
seria, in fondo lo si sa che le risorse per la formazione sono a perdere perché
questa perenne situazione di incertezza non consente alcuna programmazione. Le
risorse erogate con discontinuità non consentono una programmazione
pluriennale, un raccordo con la scuola pubblica, una reale collaborazione con
il mondo del lavoro. Gli Uffici dell’Assessorato sono gestiti alla meno peggio.
Non una scadenza che venga rispettata. Nessuna norma che sia definitiva. Anzi,
decreti pubblicati e ritirati. Consulenti esterni pagati per portare chissà
quali migliorie e che invece (disconoscendo il pregresso) attivano e
disattivano, dicono e si contraddicono,
creando situazioni surreali e grottesche che se non fosse per la tragicità
della situazione diventerebbero quasi ridicole.
L’incertezza del futuro non nasce
da ora ma da sempre. I più vecchi si ricordano di quante manifestazioni sono state fatte per ottenere
un minimo riconoscimento dei nostri diritti. E nessuno, degli assessori o
dirigenti generali che si sono succeduti, sono stati capaci di fare un lavoro
serio, di organizzare la F.P. come uno strumento utile per agevolare l’ingresso
nel mondo del lavoro. Di dare certezza delle regole e soprattutto certezza del finanziamento,
posto che, alla fine dopo mesi di proteste
e di disagi i soldi arrivano ma, sempre troppo tardi per poter organizzare
attività formative serie, in sintonia con la richiesta del territorio, con le
esigenze de mercato del lavoro.
La formazione non è soltanto un
bacino parassitario di inetti che non hanno a cuore il bene collettivo. È
arrivato il momento di chiarire che non tutti gli operatori della formazione
professionale sono privi di dignità lavorativa. La necessità di una
programmazione seria, di collaborazione con la scuola pubblica e di
interdipendenza con il settore produttivo della regione Siciliana è sentita
anche all’interno di quegli Enti seri che da sempre puntano il dito contro un
sistema disorganizzato e clientelare che porta tutti ad arrabattarsi per
sopravvivere.
C’è bisogno di serietà e di
consapevolezza, di occupare quegli spazi formativi che la scuola e le aziende
hanno abbandonato, c’è bisogno di supportare le scuole stesse e gestire gli
aspetti pratici di quella didattica che è ricca di approssimazioni, c’è bisogno
di curare il recupero scolastico di quanti hanno abbandonato la scuola e perso
ogni speranza. La formazione professionale vuole e può farsi carico di questa
responsabilità. Basta con il binomio
formazione uguale spreco di denaro pubblico, perché ad oggi ancora si imputa la
responsabilità di tale spreco esclusivamente ai lavoratori della formazione
professionale.
La responsabilità non è soltanto
del settore ma di chi le brutture del sistema (che nessuno può disconoscere) ha
creato ed incrementato e che ancora oggi non è disponibile alla tutela dello
stesso (con attivazioni di controllo e verifica: Assessorati, Ispettori del
lavoro, Centri per l’impiego, Forze dell’ordine ) ed anzi continua ad
assecondare con comportamenti illeciti.
Manifestando la nostra dedizione
ad un lavoro onesto e ben programmato VI
CHIEDIAMO un impegno concreto per portare avanti un percorso di rinascita
del settore su basi solide e con dei principi ispiratori legati ad una “VERA
BUONA FORMAZIONE” (09/03/2011) che consenta a chi crede in questo strumento di
crescita e sviluppo della società siciliana di operare in modo corretto,
programmando interventi formativi concreti e legati ai settori economici
peculiari della nostra regione (turismo, cultura, natura ecc.) ma anche di
poter legare la formazione professionale ai settori che stanno sviluppando
nuovi bacini lavorativi (green economy, biologico, fonti energetiche
alternative, ecc.).
La nostra richiesta nasce dalla
consapevolezza che ad oggi, l’amministrazione attiva, l’apparato burocratico,
la politica hanno vissuto un momentaneo smarrimento non riuscendo a gestire
bene una riforma annunciata ma mai attuata. Consapevoli che le risorse
economiche sono sempre meno e che in momenti di grave crisi occorre ponderare
le scelte di bilancio critichiamo la scelta dell’A.A. di spostare interamente
la fonte di finanziamento della formazione professionale sul PO FSE 2007/2013.
Avremmo preferito una pianificazione pluriennale di riforma che, individuando
più linee finanziarie, avesse distribuito tipologie formative (FORM, FAS, FP)
su canali diversi e che avesse dato la possibilità concreta di individuare
punti di risparmio e di fuoriuscita di una parte del personale più anziano e
prossimo alla pensione.
Adesso che la linea programmatica
è stata individuata, con nostro rammarico, Vi chiediamo uno sforzo di coraggio
nel portare a termine il temerario
Avviso 20 in tempi certi e ragionevoli. Di programmare con una tempistica certa
la fase di istruttoria, valutazione e finanziamento di quella che può essere
l’ultima spiaggia per noi lavoratori del settore.
Inoltre vi sollecitiamo nel
predisporre un piano di più ampia veduta che possa sfruttare questo triennio
formativo per costruire una VERA RIFORMA DEL SETTORE concertata con tutti
(sigle sindacali, ma sopratutto NOI LAVORATORI).
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