(Domenico Bonvegna) Continuo il viaggio tra le caste. La casta
sindacale. Per decenni dei sindacati si è parlato in termini
esclusivamente trionfalistici, a partire dagli anni sessanta, si è
diffuso, intorno a queste istituzioni un certo timore referenziale.
“Persino i 'padroni', come venivano chiamati un tempo gli imprenditori ,
quando si riferivano alle 'organizzazioni dei lavoratori' lo facevano
sempre con giudizi misurati e rispettosi, mai sopra le righe,- scrive
Forbice e Mazzuca - perché con loro alla fine si doveva trattare,fare i
conti ogni giorno nelle fabbriche, perché i loro scioperi non solo
danneggiavano la produzione di un'azienda e/o di un comparto
industriale, del commercio o dei servizi, ma riuscivano anche a
monopolizzare le simpatie dei media”.
Parlare male del sindacato era come parlare male di Garibaldi.
“Nessuno osava definire le 'tre sorelle' confederali una casta o una
lobby molto potente”. In passato chi criticava il ruolo,
l'organizzazione, le politiche e le finanze del sindacato,
automaticamente significava stare dalla parte dei padroni. “Chi osava
trasgredire questa regola non scritta veniva immediatamente etichettato
dai militanti di sinistra come un 'nemico della classe operaia'”.
Il sindacato era un mito, un idolo, intoccabile. Ma le cose ora sono
cambiate, perfino all'interno dello stesso schieramento arrivano le
critiche abbastanza serrate, ha iniziato con l'inchiesta molto critica
nell'agosto 2007 su L'Espresso, Stefano Livadiotti, che da oltre
vent'anni si occupa di economia per lo stesso settimanale ed era
considerato “amico” della Cgil. Successivamente Livadiotti ha pubblicato
un libro coraggioso, L'Altra casta, Bompiani, 2008) mettendo a nudo lo
strapotere e l'invadenza delle tre grandi centrali sindacali e gli
aspetti di una realtà burocratica e costosa, “che ha perso via via il
contatto con il Paese reale, quello delle buste paga sempre più leggere e
delle fabbriche dove si muore troppo spesso”.
Secondo Aldo Forbice e Giancarlo Mazzuca, il merito di Livadiotti è
certamente quello di aver avuto la forza di uscire allo scoperto,
rischiando sferzate e ostracismi, con un libro rigoroso e dissacrante,
fino ad arrivare a descrivere un vero e proprio verminaio. Probabilmente
questo è stato possibile oggi perché ormai i sindacati non sono più
amati come un tempo e “la pubblica indignazione per i costi esorbitanti
della casta politica ha finito con il coinvolgere anche questa
istituzione incartapecorita...”
I “tre porcellini”, come li definiva Massimo D'Alema, hanno reagito
contro il libro definendolo “offensivo” e “denigratorio” respingendo con
sdegno ogni critica e rifugiandosi nel trito argomento che le leggi
esistenti consentono rendite di posizione (e privilegi). Ovviamente
scrive Forbice e Mazzuca, “si tratta di leggi e decreti promossi a fatti
approvare da deputati e senatori provenienti proprio dal mondo
sinadacale e appartenenti al Pci, al Psi e alle correnti di sinistra
della vecchia Dc, tutte forze politiche che pagavano il loro pegno di
sostegno (anche elettorale) del sindacato”. Mentre per quanto riguarda i
bilanci, i sindacati sostengono, che vengono pubblicati negli organi di
stampa sindacali. Ma ad ora nessuno si è mai accorto di simili
pubblicazioni.
LE ALLEGRE FINANZE DEI SINDACATI ITALIANI. Cerchiamo di conoscere il
tesoro nascosto della Cgil, Cisl e Uil, per capire meglio chi
effettivamente rappresentano e quanto costano ai lavoratori, ai
pensionati, agli imprenditori e ai contribuenti italiani. Secondo il ben
documentato libro di Livadiotti le tre confederazioni sono l'ottava
azienda privata italiana. Hanno un apparato tentacolare, dove solo i
dipendenti diretti sono ventimila. E' un fatturato da multinazionale
alimentato da un sistema occulto di finanziamenti statali. Ecco perché
si sono sempre rifiutate di rendere pubblici i loro bilanci.
“In Parlamento c'è un'azione di una lobby continua soprattutto nei
corridoi che ha prodotto una sfilza infinita di leggine ad hoc e
regolamenti, spesso approvati con maggioranze bulgare. Più di una volta
in zona cesarini, proprio nelle ultime battute delle legislature. Con un
denominatore comune: quello di introdurre o consolidare un privilegio
in grado di arricchire il business sindacale, a colpi di situazioni
monopolistiche, esenzioni fiscali, vere e proprie regalie e accordi ai
confini della legalità. Il risultato - continua Livadiotti - è che oggi
siamo diventati una gigantesca macchina da soldi. Se c'è un problema dei
costi della politica a maggior ragione il discorso vale per il
sindacato, anche perché i partiti uno straccio di bilancio lo presentano
loro no. I forzieri dei tre porcellini sono gonfi di soldi”.
La grande truffa della tessera. Pare che sia un miliardo, la cifra
che aziende ed enti previdenziali versano ogni anno a Cgil, Cisl e Uil
trattenendola da stipendi e pensioni degli scritti. Che spesso, magari
senza saperlo, continuano a pagare per molti mesi anche dopo aver
ritirato la loro delega al sindacato. Una montagna di soldi che il
sindacato non deve neanche fare la fatica di raccoglierla...
La manna dei patronati ovvero la miniera d'oro dei Caf. I centri di
assistenza fiscale dei sindacati hanno milioni di clienti. Così
incassano una montagna di soldi, contributi pubblici, tutti esentasse. E
intanto reclutano nuovi iscritti, con il sistema condannato dalla corte
di giustizia europea e difeso con le unghie da Cgil Cisl e Uil. I Caf
sono uno dei salvadenai più ricchi dei sindacati italiani, che infatti
difendono con le unghie e i denti. Nel 2006 ai tre patronati (Inca-Cgil,
Inas-Cisl, Ital-Uil) l'erario ha sborsato 186 milioni di euro: devoluti
in proporzione ai tre sindacati. Si tratta di un bottino vero e proprio
che fa gola a chiunque, se si tiene conto che i loro introiti non si sa
perché non sono tassati.
La casa dei sindacati. Cgil, Cisl e Uil hanno avuto in dotazioni nel
1977, le case del disciolto sindacato fascista. Senza tirare una lira,
si sono divise in base al numero degli iscritti di allora, qualche
centinaio di migliaia di metri quadrati di appartamenti, che molto
spesso si trovano proprio nei centri delle grandi città e hanno
raggiunto quotazioni da capogiro. Quando qualcuno glielo ricorda gli
esponenti sindacali perdono le staffe.
Professionisti privilegiati. Per molti burocrati del sindacato la
vecchiaia si presenta serena. Grazie a un regalo dell'amico Treu
riceveranno infatti un assegno doppio. E ben 23 mila di loro hanno
potuto riscattare, senza controlli, presunti periodi di lavoro in
nero.1154 sono i fortunati italiani quasi tutti pezzi grossi del
sindacato che possono godere della doppia pensione. Grazie a una legge
la 564 del 1996, firmata da Tiziano Treu, ex ministro del lavoro in
quota Cisl. E' stata inventata così la figura del sindacalista
bipensionato esteso anche ai sindacalisti distaccati.
Nessun commento:
Posta un commento